Spezzare gli spaghetti prima di gettarli nell’acqua bollente è considerato un terribile sacrilegio da parte di molti cuochi, ma per una volta provate a farlo, per puro spirito scientifico, e osservate attentamente cosa succede ad uno spaghetto quando si rompe. Prendetelo per le due estremità e lentamente cominciate a piegarlo, come per formare un cerchio. Ad un certo punto lo spaghetto si spezza. Fin qui niente di strano. Ma guardate meglio: di solito lo spaghetto si spezza in più di due pezzi, tipicamente tre o quattro, ma a volte anche di più. Questo fenomeno ha incuriosito più di uno scienziato, e persino il famoso fisico premio nobel Richard Feynman raccontava di aver speso qualche ora rompendo spaghetti nelle condizioni più strane, per esempio sott’acqua, senza riuscire ad elaborare una teoria soddisfacente che spiegasse la formazione di più di due frammenti. Recentemente Basile Audoly e Sebastien Neukirch dell’università parigina Pierre e Marie Curie, in un recente articolo pubblicato sul Physical Review Letters, sostengono di aver risolto il problema, costruendo un modello matematico della dinamica di uno spaghetto.
I due ricercatori hanno scoperto che, quando la curvatura dello spaghetto raggiunge un valore critico, questo si rompe, proprio come ci si aspetterebbe, in due pezzi.
A questo punto si potrebbe immaginare che i due frammenti si “raddrizzino”. Invece sorprendentemente, questa prima rottura genera un’onda che si diffonde lungo i due frammenti. Invece di smorzarsi rapidamente, l’onda aumenta la curvatura dei due frammenti generando ulteriori fratture, che a loro volta possono generare delle altre onde e produrre altri frammenti.
Dopo la prima frattura la curvatura dei due frammenti, invece di diminuire sino ad annullarsi, in alcuni punti addirittura aumenta, causando le fratture successive. La dinamica di un oggetto sottoposto ad una curvatura è descritta da un’equazione formulata da Gustav Kirchhoff nel 1850.
La conferma sperimentale della correttezza della loro spiegazione è arrivata effettuando delle fotografie ad alta velocità utilizzando degli spaghetti Barilla n.1, 5 e 7. Potete vedere i filmati degli esperimenti al sito http://www.lmm.jussieu.fr/spaghetti/ .
La cosa sorprendente è che nel loro studio sugli spaghetti i due scienziati hanno trovato una soluzione “universale”, indipendente cioè dal tipo di materiale, e che quindi può spiegare altrettanto bene il modo di fratturarsi di un oggetto rigido della stessa forma stretta e molto lunga di uno spaghetto, come il pilone di un ponte o una canna da pesca in fibra di vetro. Quello che ancora non è possibile prevedere sono le dimensioni dei frammenti.
Non è la prima volta che gli scienziati si occupano degli spaghetti. È stato proposto, ad esempio, che il modo di avvolgersi del DNA nel nucleo della cellula possa essere simile al modo in cui si annodano degli spaghetti… scotti. Ma non è tutto: un gruppo di fisici dell’università di Losanna, eseguendo degli esperimenti con spaghetti ben cotti (non al dente) e conditi con olio di oliva per migliorarne lo scorrimento, sono riusciti a costruire un modello matematico che spiegasse un fatto ben noto agli alpinisti: una fune ha più probabilità di rompersi se è annodata.
Quindi, la prossima volta che vi avventate su un piatto di spaghetti, soffermatevi un attimo ad osservarli e magari potrete dischiudere altri segreti dell’universo!
Dario Bressanini
Articolo pubblicato su Le Scienze N. 449 Gennaio 2006
Scritto in Esperimento, Pasta | 65 Commenti »
Appena arrivo a casa provo. Se non funziona ti posterò la mia controperizia
Che rabbia. Scoprire che i francesi fanno ricerca sullo spaghetto e trovarsi a sapere da loro certe cose è l’ennesimo segno del declino della nostra povera italietta .
Grandioso.
Mi fa pensare, allora, che se si inguainasse lo spaghetto in qualche modo, si avrebbe solo un punto di rottura, perchè la guaina impedirebbe le devastanti vibrazioni successive… Quasi quasi ci provo a casa: prima con uno spaghetto nudo, poi con uno incartato nel pellicola da cucina.
Spaghetti numero 1? Ma esistono?
Dario sei un grande.
Scrivere un articolo sul punto di rottura degli spaghetti è veramente il massimo.
Ora mi hai incuriosito e questa sera faccio qualche prova…..
Si potrebbe proporre a qualche produttore di creare spaghetti “corti” per quelli che hanno il cattivo gusto di romperli.
Che bello! Vendetta!
Questo articolo rende giustizia a un pomeriggio intero passato a spezzare spaghetti e bavette. Alcuni anni fa, nei pomeriggi lunghi degli appartamenti universitari: il “gruppo di studio” era composto da (allora) studenti in ingegneria informatica e meccanica. Sull’altare della scienza vennero immolate una confezione di spaghetti e una di bavette.
Ci hanno presi in giro per anni! Adesso sappiamo di non essere soli
Aggiungo per completezza che io e i miei amici abbiamo notato che:
1. gli spaghetti si rompevano spesso in molti pezzi
2. Le bavette in 3 o al massimo 4
3. sott’acqua la bavetta si rompe sempre in due pezzi
Al tempo deducemmo che l’acqua impedisse ulteriori rotture smorzando le vibrazioni.
Tutto sommato la strada era quella giusta.
Quella che mi sembra realmente “incredibile” è la resistenza dello spaghetto alla rottura a flessione.
Nel momento in cui si crea la prima frattura l’energia accumulata dal sistema è sufficiente a provocare la rottura anche in altri punti; se portassimo a collasso con le stesse modalità un’asticella di acciaio con le stesse misure di uno spaghetto, si creerebbe un unico punto di rottura – una cerniera plastica – nel quale verrebbe dissipata la maggior parte dell’energia.
Occorre dire che il comportamento dell’acciaio è elasto-plastico: in una prima fase le deformazioni sono elastiche (vale a dire “perfettamente” reversibili) e in una seconda fase cominciano le deformazioni permanenti di tipo plastico.
Quello dello spaghetto sembra del tipo elasto-rigido: elastico nella prima fase e poi, quasi di colpo, rigido con conseguente rottura singola o multipla.
La cosa che mi ha sempre sorpreso quando ho fatto esperimenti di rottura sugli spaghetti – lo confesso, qualche volta ci ho provato – è l’assenza di deformazioni permanenti nello spaghetto, flesso sin quasi al limite ma non rotto. Pensate a cosa succede flettendo come uno spaghetto un comune pezzo di fil di ferro: le deformazioni permanenti avvengono molto presto e sono distribuite su buona parte della lunghezza (è voluto, altrimenti non potremmo usarlo per legare come si fa di solito).
Sarebbe interessante fare delle prove flettendo gli spaghetti con estrema lentezza o deformandoli sin quasi al limite, per lasciarli sotto carico sino all’eventuale rottura o deformazione permanente ed, eventualmente, contare i pezzi.
Non credo, infine, che l’avvolgerli in una pellicola da cucina ridurrebbe i pezzi smorzando le vibrazioni. Esaminando le superfici di rottura, ho sempre avuto l’impressione che ci fosse una notevole componente di rottura a torsione nel meccanismo di frattura, torsione che non credo verrebbe impedita dalla guaina esterna, a meno che questa non fosse incollata, creando però una struttura ben diversa.
non ho parole. sono indecisa fra l’ammirazione e candidare tutti i soggetti( te compreso, dario!!!) al premio ig nobel.
ma aspettate un momento…faccio un salto in cucina…
Dario, mi aspettavo almeno che spiegassi il tutto sulla base dei legami chimici. E invece no, vai a rubare il mestiere ai fisici…
Marco: ti ricordo che io sono un Chimico-Fisico per cui “ho il patentino” per parlare di queste cose
Lucia: guarda che l’ig-Nobel lo hanno vinto davvero per questa ricerca
Invece di continuare con questo esperimento vorrei guardare la cosa da un altro punto di vista.
Vorrei ricordare insieme a voi gli spaghetti che verranno spezzati in seguito alla lettura di questo articolo. Ricordiamoli tutti e facciamo in modo che negli anni a venire tutti sappiano della strage di spaghetti che in data odierna si è svolta ad insaputa delle loro case produttrici…
Nel frattempo aggiungo come corollario che i vari pezzi di rottura degli spaghetti vengono scagliati a velocità tale da farli scomparire in una qualsivoglia cucina per mesi e mesi…:)
Saluti e complimente per l’articolo!!!
Nicola
Guardando gli altri premi ig-nobel si ha conferma del fatto che non c’è limite a ciò che una mente umana può concepire….
Sarà una ricerca da ig-Nobel, ma i problemi dovuti alle rotture fragili delle strutture sono gravi, in quanto avvengono senza preavviso. Preavviso che invece avviene quando la struttura manifesta grandi deformazioni prima di collassare (la cerniera plastica dello spaghetto in acciaio del mio post precedente).
Quella fragile è la modalità con cui – approssimativamente – si rompe una lastra di cartongesso, e oggi c’è stato un caduto sul lavoro, sembra proprio per questo motivo.
La similitudine fra spaghetti e barre d’acciaio non mi piace. Vedo piu’ similitudine tra gli spaghetti e delle stecche in vetro. Ma non ho stecche in vetro sottomano per provare.
L’articolo sui nodi e’ molto curioso anche se le conclusioni sono note da tempo negli ambienti alpinistici e speleologici anche grazie ad appositi esperimenti effettuati in laboratorio e che furono pubblicati nel 1989 a cura del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (il mitico e ormai introvabile libro giallo “Resistenza dei Materiali Speleo-Alpinistici”).La conclusione e’ pero’ espressa in maniera diversa.
Non e’ che una fune annodata ha piu’ probabilita’ di rompersi, semplicemente il nodo indebolisce la corda e la rottura avviene nel nodo. Una corda con un nodo ha una resistenza inferiore, non e’ questione di probabilita’, si rompera’ sempre prima di una senza nodo.
Anche la tesi sostenuta nell’articolo che i nodi piu’ resistenti sono quelli piu’ complessi e’ diversa da quella conosciuta in ambiente speleo-alpinistico dove invece il nodo che indebolisce meno la corda e’ il cosiddetto “nodo a nove” visibile qui
http://www.quarantesimo-parallelo.com/nodi.htm
anche se poi nella pratica viene utilizzato il piu’ semplice “nodo a otto” o Savoia o delle Guide con frizione. Si tratta quindi di nodi piuttosto semplici.
ok. ora sappiamo che e’ impossibile spezzare gli spaghetti in due parti. ma ora, caro Dario, che ci facciamo con tutto il materiale degli esperimenti?
Dacci una ricetta per spaghetti da “equazione”… )
daniele: gli spaghetti da “equazione” finiscono bene…. nel brodo per farci una pastina
Bello e conciso. Non ho trovato la gelatina in fogli, ma certo troverò i pacchi di “spaghi”, con gli aumenti di prezzo ce ne saranno ancora molti sugli scaffali…:D Mi chiedo cosa cambia aumentando la velocità di flessione: più o meno frammenti, più lunghi o più corti, ecc.
Enrico: la gelatina in fogli la vendono dappertutto. Al supermercato di solito è nella sezione dolci (canditi, fruttapec, amidi vari, glasse, vaniglia, vanillina, brillantini di zucchero, etc…)
Facci sapere i risultati dei tuoi esperimenti
Una precisazione per Martino Benzi: non è vero che un’asta metallica si romperebbe in due soli pezzi. Aveo trovato su youtube un video in cui si testa la resistenza di una katana ad impatti laterali con altri tipi di spade, e nel replay si vede distintamente che si rompe in tre pezzi (contro una daga o qualcosa di simile, molto massiccio). Spero di poter postare il link al filmato, scusate se non rieco a farlo ora…
[…] …che i letterati non producono niente e sono inutili e gli scienziati mandano avanti il mondo: leggete quest’articolo. […]
Una katana è realizzata con una struttura molto diversa.
È fatta di strati di acciaio con differenti tenori di carbonio, alcuni dei quali – quelli destinati a formare il filo tagliente – sono rigidissimi. Inoltre la lama è temprata è ciò aumenta la rigidità e la fragilità agli urti laterali.
In effetti le parate – vecchi ricordi – andrebbero fatte o con il dorso o con il filo, ruotando opportunamente le mani, e mai di lato (attendo gli urli degli esperti di kenjutsu, è solo una semplificazione estrema). La lama è fatta per colpire dal basso verso l’alto e così presenta una resistenza mostruosa.
Io mi riferivo ai normali acciai da costruzione meccanica o per edilizia che hanno una composizione omogenea e, tra l’altro, non si spezzano di colpo, ma ad un certo punto cominciano a piegarsi in un punto ben preciso – quello di massimo momento flettente – sino ad un’eventuale rottura finale.
Se però una barra di acciaio venisse temprata potrebbe presentare rottura fragile e probabilmente spezzarsi come uno spaghetto. È proprio per questo motivo che l’ig-Nobel non mi sembra meritato del tutto.
Un’altra precisazione, forse più significativa: una rottura dovuta ad un urto avviene con modalità di accumulo e rilascio dell’energia, che provocano la rottura stessa, ben differenti da quelle di una flessione.
[…] Intelligent Design, Kansas School Board, parodia Un interessante e assai divertente post di Dario Bressanini mi ha permesso di scoprire che il comportamento meccanico degli spaghetti è studiato da sempre in […]
Concordo in pieno sulla grande differenza nella struttura interna di una katana paragonata a quella di uno spaghetto
Anche il modo in cui si ottiene la frattura è diverso: lo spaghetto è trattenuto per gli estremi e sottoposto a flessione, la katana è fissata per il manico e colpita laterlamente, ma nel video si vede che non è il colpo in se a causare la frattura, bensì la flessione successiva al colpo.
http://www.youtube.com/watch?v=S76aGs5mVec
Video di 6 minuti e 51 secondi, lo spezzone in questione inizia al minuto 4:57
Bel filmato, l’ho visto con piacere.
Però quella che viene spezzata – da un colpo di katana – è una striscia da duello europea – nel filmato dicono chiaramente “rapière”, anche se a me sembra più simile per le dimensioni della lama ad uno stocco d’arme – che ha un uso ed un comportamento meccanico diverso da una katana.
È fatta per colpire soprattutto di punta subendo delle incredibili deformazioni a flessione dovute al carico di punta, che sono mostrate benissimo dal filmato. La rottura mostrata è di tipo dinamico e non statico come quella degli spaghetti, tra l’altro si deforma permanentemente all’altezza dell’elsa.
Una piccola citazione letteraria molto a memoria: nel Visconte di Bragelonne Athos “litiga” con Re Luigi XIV e, per non essere tentato di trafiggere il suo re, spezza sul ginocchio una lama di quel tipo – dono di Francesco I al suo antenato Enguerrand de La Fere, con un’elsa realizzata da Benvenuto Cellini! – proprio come si potrebbe fare con un ramo secco.
Maggiori dettagli in francese sulla “rapière” su
http://fr.wikipedia.org/wiki/Rapi%C3%A8re
Ma guarda un po’, Dario, dove ci portano gli spaghetti
Lucia mi ha prevenuto,volevo dire le stesse cose.Dato che cucino,gli spaghetti spezzati ,cotti e poi colati un pò di acqua e messo il sugo,a me vengono la fine del mondo.”Una stella non muore,se dentro il cuore vi è l’amore,meglio dell’infinito della polvere”
Gli spaghetti spezzati si frantumano in pezzetti piccoli difficili da raccogliere e mangiare. Ma che dire degli ZITI che, mi hanno detto, per tradizione devono esser spezzati prima della cottura? ci ho provato, si scheggiano, e poi cosi’ cuocendo si spiaccicano perdendo la loro originale forma a tubicino… io li preferisco interi, anche se un po’ …ingestibili!
Che dite?
Quando mi capita di spezzare gli spaghetti (e mi capita, avendo due bambine piccole che non riescono a mangiarli interi), se spezzo il fascio intero di solito quelli più “periferici” danno luogo a più pezzi, ma al centro si dividono in due metà senza “fare briciole”. Poiché la maggior parte di noi spezza l’intera porzione di spaghetti tra due pugni e non il singolo spaghetto, mi chiedevo se Dario mi sa dare una spiegazione
@Daniela Ovadia
Visto che Dario, su un altro sito poi, mi ha dato del nerd a causa del mio “outing” di spezzatore di spaghetti a scopo scientifico, mi vendico e rispondo io.
I motivi per cui gli spaghetti interni si rompono in due pezzi, mentre quelli esterni fanno le briciole, dovrebbero ragionevolmente essere questi:
Quando si spezza un fascio di spaghetti si tengono le mani il più vicino possibile, la parte sottoposta a flessione di ogni singolo esemplare è quindi piccola e l’energia di deformazione accumulata – quella che alla fin fine provoca la rottura – molto minore di quella associata alla deformazione dello spaghetto tenuto per le punte. Difficilmente questa energia è sufficiente a produrre la rottura in più segmenti di ogni singolo spaghetto.
Il secondo motivo è quello individuato subito da Piotr R. Silverbrahms nel suo post: le mani strette e il contatto reciproco tra gli spaghetti del fascio smorzano fortemente le vibrazioni successive alla rottura iniziale, che sono le “colpevoli” delle rotture successive. Gli esemplari – bella parola, fa tanto ig-Nobel – più esterni, invece, non godono di questo effetto perché possono liberamente piegarsi verso l’esterno e “vibrare”; inoltre assorbono anche parte dell’energia di quelli adiacenti di cui hanno smorzato le vibrazioni.
Martino
P.S.
Una breve spiegazione per non passare sul serio da nerd.
Tanti anni fa mi sono dovuto occupare professionalmente dei problemi connessi alla rottura per carico di punta di sottili aste di acciaio – problema che qualsiasi ingegnere dovrebbe aver ben presente – ed il materiale più semplice, meno costoso e facilmente reperibile per fare degli esperimenti sono stati proprio gli spaghetti.
E poi, accidenti, la pastasciutta mi piace e mi danno fastidio quei pezzettini che saltano da tutte le parti e vengono sprecati
Martino: ma io sono per la rivalutazione del Nerd, categoria alla quale appartengo orgogliosamente, avendo passato ore e ore a disegnare curve frattali e a crescere cristalli blu di solfato di rame
Anch’io, anch’io! Sono orgoglioso di far parte della tribù e spero di riuscire a far crescere il pargoletto nello stesso modo.
Ho però sentito il bisogno di spiegare la mia competenza specifica, che – ammettiamolo – è un po’ strana.
Grazie a Martino Benzi per l’esauriente spiegazione. E quanto ai nerd (di cui temo di far parte un po’ anch’io, visto che mentre preparo la cena ho l’istinto malato di osservare come si spezza il fascio di spaghetti!) penso che siano una categoria assai affascinante, sempre che si riesca a staccarli di tanto in tanto dal computer o dal laboratorio per farli interagire col resto dell’umanità
questo commento non centra assolutamente niente con gli spaghetti ma non trovavo nel sun altro modo per “chicchierare” con Dario Bressanini.
Oggi c’è stato un piccolo confronto con la professoressa di inglese che ci ha detto che se si usa l’alluminio per cuocere (per la cottura al cartoccio)o comunque lo si scalda, questo perde il piombo che finisce nell’alimento, provocando ovviamente tumori e Co..io mi sono chiesto se sia possibile una cosa del genere e mi piacerebbe avere una rispota da un grande esperto…
Oddio, non e’ che la cottura trasformi l’alluminio in piombo : sono due elementi diversi, e non c’e’ nessun tumore in agguato per quel che ne so, tanto e’ vero che le pentole di alluminio sono comunemente utilizzate, anche nei ristoranti.
Era stato accusato nel passato di essere la causa di una serie di problemi, ma a quanto pare le accuse erano infondate e sono cadute.
Ciao Dario
Richiesta OFF-TOPIC:
Quando una bel post sul caffè??
Per esempio:
perchè la moka a volte sbuffa ed a volte no?
e perche se il caffè non viene su bata passare la stessa sotto l’acqua per un paio di secondi??
Dario mi perdonerà se faccio il suo lavoro , ma la richiesta off topic di francesco sulla moka mi ha fatto venire in mente un bell’articolo sulla fisica della caffettiera scritto da un amico che insegna fisica a Milano. Lo trovi all’indirizzo
http://qinf.fisica.unimi.it/~paris/caffettiera.html
Dario, hai mai provato la pasta di soia? i noodles. Hanno delle proprietà fisico-chimiche molto diverse dalla pasta di grano duro.
Guardate cosa prova a farci questo ricercatore.
http://www.cockeyed.com/incredible/fiber/rice_noodles.shtml
Gianna: fantastico il link sulle fibre ottiche a base di spaghetti di soia! Ciao
Daniela, l’articolo sulla fisica della caffettiera mi sembra poco attendibile. La pressione che spinge in alto l’acqua (allo stato liquido) é generata dal vapore, non dall’aria calda. Soltanto che non tutta l’acqua evapora ma soltanto una piccola parte. E il borbottio non é dovuto all’aria calda che sfugge assieme all’ultima parte del caffé, ma al vapore, come appare chiaro ponendo al di sopra della caffettiera un oggetto freddo.
Caffettiera moka: l’acqua sale attraverso il caffè del filtro in quanto spinta dalla pressione del vapore che si forma quando l’acqua contenuta nel serbatoio bolle. Se il caffè è troppo pigiato nel filtro o è macinato troppo fine o è bagnato (o tutte queste cose), può offrire una resistenza elevata al passaggio dell’acqua e causare sovrapressioni pericolose = ecco perchè c’è la valvola di sicurezza di fianco al serbatoio. Se il serbatoio dell’acqua viene riempito troppo (inserimento del filtro riempito “a parte” con il caffè nel serbatoio riempito di acqua all’orlo o quasi – viene 1/2 tazza di caffè in più!) ed il calore è fornito in modo molto graduale, può verificarsi un surriscaldamento dell’acqua contenuta: ovvero, la temperatura dell’acqua è superiore a 100°C, ma non si genera ancora vapore. Un leggero raffreddamento (per esempio sotto il getto del rubinetto) del solo serbatoio, rimettendo quindi la moka sul fornello, risolve il problema inducendo una lieve instabilità nell’acqua, sufficiente per far iniziare la produzione di vapore; il fenomeno è noto in chimica sia per il riscaldamento che per il raffreddamento. Usare di metodo il sovrariempimento non è innocuo, a meno di controllare maniacalmente la valvola di sicurezza – ora fortunatamente le fanno con un pezzetto sporgente che ne consente la pulizia – se rimane bloccata dal calcare l’esplosione della caffettiera e la cucina da ritinteggiare sono da mettere nel conto, facendo gli scongiuri per eventuali ustioni e lesioni dalla parte superiore che parte a missile. Personalmente ho uno score di 2, conseguito in giovane età. Quando il livello dell’acqua nel serbatoio non raggiunge più il pescante del filtro, il vapore generato esce direttamente attraverso il caffè e si libera con il caratteristico sbuffo (profumato), il borbottio è dato dalla rimozione delle tracce di acqua rimaste nel caffè del filtro, che causano la formazione di bolle nel condotto da cui sale il caffè. Se tutte le operazioni sono state completate con successo, si ha: 1) caffè nel filtro pressappoco asciutto 2) piccolo residuo di acqua nel serbatoio 3) un caffè fumante 4) caffettiera integra e pronta a ripartire con manutenzione minimale.
Nelle macchine da bar, è sempre la pressione del vapore a spingere l’acqua attraverso il caffè, solamente che la pressione ammissibile è più elevata, la polvere del caffè è più fine, quindi l’estrazione è più completa.
Nelle macchine da “bar casalingo” la pressione non è ottenuta con vapore, ma con una pompa meccanica ad alta pressione; l’acqua viene scaldata ed in parte vaporizzata in una caldaietta in cui la pompa inietta l’acqua ad alta pressione.
Nella napoletana classica (ormai introvabile) il caffè veniva fatto per percolazione dell’acqua bollente attraverso la polvere macinata molto fine, a pressione atmosferica; il risultato era un caffè molto più simile al caffè all’americana o al caffè alla turca.
Geniale.
Il sito dei ricercatori francesi è stupendo…
Grazie,
Roger-Marin
[…] avidi lettori di food-blog lo sapranno), ha inspirato il post del Prof. Dario bressanini nel suo Blog Le Scienze per Repubblica, che rimandava al curioso articolo circa la dinamica fisica di rottura dello […]
Dario, un saluto e i miei complimenti per il blog. Finora non ho mai scritto nulla ma oggi leggendo un articolo sulla cottura della pasta ho sentito la necessità di avere chiarimenti. In particolare mi riferisco all’intervento di Sironi (lo chef del “Bulgari” a Milano) a identità golose. Riporto un estratto:«Sto perfezionando la cottura passiva: in pratica la pasta bolle a fuoco vivo per 4 minuti, poi spengo e metto da parte la pentola perché la pasta cuocia dolcemente in un’acqua che perderà via via calore. L’amido rimarrà così nella pasta senza intaccare il glutine».
Vero o falso? Pro e contro?
Andrea4nero: a parte la faccenda dell’amido che “intacca” che mi risulta oscura, questa cottura non è per nulla nuova. Ne parlava anche Harold McGee qualche anno fa. E’ una banale applicazione dei principi della termodinamica, visto che non è necessario l’acqua a 100 gradi per cuocere la pasta ma solo la temperatura sufficiente per gelificare l’amido. Il rischio però è, se non c’è agitazione, che la pasta di attacchi.
A naso direi che l’unico vantaggio è quello del risparmio energetico, ma dubito molto che vi sia un vantaggio gustativo
Grazie per la tempestiva risposta !!! e..credo che continuerò a fare la pasta come ho sempre fatto !
PS Ho testato meringhe, crema al cioccolato Chantilly e guacamole seguendo i tuoi consigli..tutto PERFETTO e BUONISSIMO!!
Dario, sarà suggestione, ma ho una nipote che da qualche tempo butta la pasta al bollore, poi spegne, incoperchia, e apre solo per qualche rigirata col forchettone di legno. Pentola d’acciaio con fondo bello spesso.
Tempo totale di cottura, mi dice circa due minuti più del “solito” indicato sui pacchetti.
Lei ed il marito sostengono che la pasta è più buona in misura ben avvertibile alla bocca. Boh?
ahahah, troppo forte questo blog, complimenti davvero
comunque sia, qualunque casalinga un po’ accorta e con i figli che non sanno usare la forchetta sa bene che basta stringere bene le due estremità del fascio di spaghetti, nel punto più vicino possibile all’epicentro, per attutire l’effetto delle “onde”
… che non abbia qualcosa a che fare con nla teoria degli strani attrattori?
un saluto a tutti e complimenti ancora )
Ciao Dario,
Help ;Prof. sto lavorando a Stoccolma e i giornali hanno appena finito di criticarci perche la nostra pasta è “troppo” al dente, la cosa in se non mi preoccupa piu di tanto, io dico ai “camerieri” di dire ai nostri ospiti che noi si serve la pasta come si fa in Italia,ma su richiesta la possiamo fare anche ben cotta o poridge level (Rustichella e Gragnano !!!) .
Tuttavia la questione come ben sai non è banale,percio caro Dario ancora una volta qual è il tuo parere definitivo?
Ciao & grazie
[…] risottata. Però se proprio volete continuare a spezzarli approfondite l’argomento con questo glorioso articolo di Bressanini. N.d.R.) gettate gli spaghetti e fateli cuocere al dente. Nel frattempo grattugiate finemente il […]
Questa sì che è scienza in cucina! http://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2012/08/29/news/italia_e_australia_creeranno_i_superspaghetti_ridurranno_richi_cardiaci_e_di_tumore_al_colon-41669006/?ref=HRERO-3
@Bressanini Igles Corelli (chef) cuoce gli spaghetti prima nell’olio a 170 gradi e poi nell’acqua bollente, facendo così gli spaghetti non assorbono i grassi ( dice che li preparara anche per una cucina dietetica). Mi sembra un po’ strano… È così? Come fanno a non assorbire l’olio?
cioè frigge gli spaghetti???
Sì, prima nell’olio a 170 gradi per 10 secondi e dopo nell’acqua o brodo (poco ). Se vuole vedere qua c’è il video (nel video usa i tagliolini): https://youtu.be/9gJAdh1Wq2E
mah, magari sono buoni, ma se assorbono in frittura l’olio perché dovrebbero essere “dietetici” ? E poi quale grasso successivo dovrebbero assorbire?
Lui dice che non assorbono l’olio, infatti mi sembra un po’ improbabile. Lo diceva per far capire che hanno le stesse Kcal degli spaghetti cotti nell’acqua, ma non ci credo
E la pasta disidratata cotta nell’olio in temperatura non assorbe assolutamente nulla (sempre lui)
Sembra una ricetta a base di pasta pretostata tipo :
http://blog.ideasinfood.com/ideas_in_food/2009/08/roasted-and-smoked.html
che fa riferimento a http://blog.ideasinfood.com/ideas_in_food/2009/08/roasted-and-smoked.html.
La differenza principale è che la pasta è prefritta in olio invece che essere tostata a secco in un forno.
In alcune ricetta la pasta tostata, invece che essere reidrata a freddo, viene immersa in acqua bollente, si spegne il fuoco e si lascia continuare la cottura a lungo ( cottura per infusione).
Come con il riso perboiled è difficile farla scuocere.
A parte la complicazione il sapore è particolare, un po’ come di nocciole tostate.
Gli rimarran croccanti, buon per lui. Il sugo pare buono. Poi secondo me lo pakano, per far quel mestiere lì davanti a quei poveri giovini…
il primo link era: http://innovidea.org/2014/05/27/la-pasta-arrostita/ , maledetto taglia e incolla ,-)
come dice Zeb lo pakano di certo. Importante è infatti trovare nuove nicchie (detto come lo diceva Natalino Balasso) per fare i piccioli: poi se in piu’ il risultato è pure decente benvenga.
Che la pasta assorba grassi successivi mi sembra una minchiata totale, nel senso che certo un poco di condimento rimane attaccato alla superficie degli spaghetti (all’uopo è sufficiente pesare lo spaghetto scolato prima e dopo l’adduzione della salsa, considerando ovviamente la parte in peso che olio e/o burro hanno in percentuale nella composizione della stessa) che se no uno si fa di pasta in bianco, ma bianco bianco, cioè solo col dado star in polvere spolverato a discrezione.
Tra l’altro già Montaigne nei suoi Essais tesse le lodi dei grassi e dei fritti:
Par la fenestre Je me rapprochâs
et par là sortait le parfum du repas
du fermier que sa femme cuisinât.
C’estait du chocon de porc à la Normande
Frit dans la graisse et repassé dans l’huile coulante
Ah! Quel Bonheur lorseque l’on m’invitât à la gourmande!
E se lo diceva Montaigne che lo spaghetto va ben imbibito del grasso del sugo, chi siamo noi per contrastarne il giudizzio?
Per aggiungere informazioni la pasta utilizzata nella ricetta di Igles Corelli è una pasta all’uovo estremamente sottile e impastata con 10 uova per kg di farina non è pasta di semola.
Quella dello spaghetto fritto l’avevo vista ancora, anche se a occhio e croce non mi pare avere un gran senso. Ciò detto, Igles Corelli è davvero un grande chef che più di tanti altri e in tempi non sospetti, con tutti i limiti legati alla mancanza di una formazione tecnica specifica, si è sforzato di sfruttare a vantaggio della cucina un minimo di conoscenze e approccio scientifico. Oltre ad essere stato il maestro di Barbieri (sì, quello più o meno antipatico di masterchef) era a capo del glorioso ristorante Il Trigabolo di Argenta, un ristorante assolutamente mitico nel panorama gastronomico italiano degli anni ’80, che purtroppo conosco solo nel ricordo di chi ci è stato, avendo chiuso nel 1993 alla soglia delle tre stelle (attribuite postume). Nella memoria di chi lo frequentava aveva rappresentato la punta massima della sperimentazione tecnica non solo in Italia, in un periodo in cui per fare alta cucina sembrava si potesse solo imitare i classici francesi. Il pedigree dello chef, ci mancherebbe, non risparmia dal dire ogni tanto delle cretinate fisico-chimiche
Io spezzo gli spaghetti da sempre con un risultato altamente positivo in seguito a certi consigli di un grande cuoco il quale dimostrava che gli spaghetti più’ corti prendono tutto il sapore delle salse e sono più’ facili da far mangiare , alla faccia dei professoroni…
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Due o tre cose che so della meringa italiana
FOOD. La scienza dai semi al piatto
Le ricette scientifiche: la crema pasticcera più veloce del mondo
Perché non possiamo non dirvi antiscientifici
La chimica del bignè – The movie
La scienza della pasticceria, o della chimica del bignè
Il mistero del Sangiovese
L’angolo del buonumore
Aspettando FOOD
Il miele
Il mio problema con Greenpeace
Mettiamo dei (cavol)fiori nei nostri micro. (3)
I vaccini nel Cialtronevo
Emissioni da microonde (2)
Su un certo videogiornalismo
Mais OGM: un bigino per i neoministri
Omeopatia non è curarsi con le erbe. Omeopatia è diluizione
Quanto sono esperti i giudici “esperti” assaggiatori di vino?
Lo zucchero più costoso al mondo
Quel microonde (impropriamente) chiamato forno. (1)
La bufala della dieta alcalina
Ma il vino biodinamico è buono?
Uno studio sul vino biodinamico
La cipolla lacrimogena
Patate viola e cavolfiori rosa
Zeitgeist in cucina 2013
Buon estratto di Natale a tutti
Le ricette scientifiche: l’estratto veloce di vaniglia
Dieci VERO o FALSO sul biologico
Scova l’errore (di Report)
Anidride carbonica, però naturale
Vedere gli atomi con la mente. Una storia in molto piccolo
Oli che fumano
Le parole sono importanti (consigli ad aspiranti divulgatori #2)
Perché ci piacciono i sapori che ci piacciono?
Zucchero invertito contemporaneo
Sapori d’alpeggio IV
Il sorbetto algebrico
Caccia alla specie (registrata®)
Le tre fasi del sorbetto
Il Made in Italy contaminato dagli OGM
Un addendum sul Kamut®
Consigli non richiesti a giovani scienziati aspiranti divulgatori
Il colore arancione
Crudo non è sempre meglio
Vino e biodinamica. The movie
Che ne sai tu di un campo di Kamut®
Le ricette scientifiche: la cacio e pepe
Consigli di lettura a Beppe Grillo e al Ministro De Girolamo
Solo zuccheri della frutta
Senza zuccheri aggiunti*
Senza zucchero (aggiunto)
Il coriandolo che divide
Il glucosio: diffusissimo ma poco noto
Il colore delle uova
Mangia cioccolato e vinci il premio Nobel
Meringhe di latte e riduzionismo gastronomico
Le ricette scientifiche: liquorino di liquirizia
Zeitgeist in cucina 2012
Etichette dei miei sogni
L’origine della Carbonara. Il commissario Rebaudengo indaga
Darwin e l’innaturalità del bere latte
E per chi al Festival della Scienza non c’era…
A Genova! A Genova!
Le ricette scientifiche: la meringa svizzera
Italy a New York
Miti culinari 8: le patate conservate diventano tossiche
Patata experiment #2. Osmosi
Vino in cieco
Le ricette scientifiche: l’estratto di vaniglia
OGM: la Corte di Giustizia UE boccia il Ministero
Estrazioni di vaniglia
Pasta alla bolognese e altre storie
Birra e…
Sapori di montagna: i Rundit
Scienza in Cucina in video
La schiuma del cappuccino
Patata experiment #1. Patate verdi
Le calorie contano, non le proteine
Stessa crema, prezzi diversi
Granita 2.0
L’agricoltura biologica non sfamerà il mondo
Cubici e trasparenti. Cristalli di sale (5)
Le ricette scientifiche: mascarpone fai-da-te
Il triticale, un OGM ante litteram
Miti culinari 7: ossidazione e coltelli di ceramica
Formaggio a New York
Sui grumi della farina e dell’amido
le Ricette Scientifiche: la besciamella
Colazione a New York
Di cibi acidi, alcalini, e meringhe colorate
Estrazione in viola
Il colore viola
Mousse al cioccolato 2.0
Zeitgeist in cucina 2011
Chiamate Striscia la Notizia! I piccoli cuochi molecolari!
Carote biodiverse
Azoto liquido a Genova
Francesco Sala, l’eretico degli OGM italiani
Superfiltrare con l’Agar
Zero Chimica 100% Naturale. Sì, come no!
Il sale di Maldon (homemade). Cristalli di sale (4)
Mefitici sulfurei asparagi
Il peso del sale. Cristalli di sale (3)
Cristalli di sale (2): quanto sale si scioglie nell’acqua?
Il ritorno di Pane e Bugie: il difficile compito di raccontare la scienza
Pericoli dal cibo: ora tocca ai meloni
Cristalli di Sale (1)
Non toccate l’omeopatia (e la multinazionale Boiron)
Quanti gradi nel mio vino? (Con quiz)
Sapori dal bosco
Ancora sul ragù alla bolognese
OGM: una panoramica
Lavati le mani!
Le ricette scientifiche: il ragù alla (quasi) bolognese
Saluti gastronomici da Barcellona
La cipolla di Maillard
Le ricette scientifiche: il tonno scottato ai semi di sesamo
Esagerazioni radioattive
Paperino eroe per caso della chimica a fumetti
Uova in codice
I giochi matematici di Fra’ Luca Pacioli
Vaniglia III: tra vaniglia e vanillina
Biodinamica®: cominciamo da Rudolf Steiner
La cottura del tonno
Uve da vino: una grande famiglia
Rosso tonno
Le ricette scientifiche: il pesto (quasi) genovese
Vaniglia II: l’aroma
Zeitgeist in cucina 2010
Vaniglia I: la produzione
Il codice dei pelati
Olio da spalmare
Emulsioni
Il caso del pomodoro di Pachino
Pesticidi sul cibo
Il burro di cacao e l’etichetta del cioccolato
Saluti gastronomici dalla Sardegna: sa fregula
Le ricette scientifiche: il Dulce de Leche
Pesce di mare e di acqua dolce
Sapori d’alpeggio III: mirtilli
La lime-o-nata ipocalorica
Legalità OGM for dummies
Vino-alcol=?
Bevande d’infanzia
Neurogastronomia: il vino costoso è più buono?
Un parmigiano da record
Colore rosso: le antocianine
Politeisti alimentari (secondo il Censis)
Ritirata vanillina al toluene
Il matrimonio tra pesci e acidi
Mangia (troppo e male) e poi muori
Appunti di viaggio – la carne
Sfida agli Chef. Un ingrediente in cerca di ricette
Bio nutre di più?
Agar, una gelatina che viene dal Giappone
Saluti gastronomici dalla Val d’Orcia
Il Senatore Cappelli e gli altri grani di Nazareno Strampelli
Miscele frigorifere
Amflora, la patata per la carta
I detective della mozzarella di bufala
Il Ministero della salute vieta il lievito istantaneo. Ok all’azoto liquido
Dieci risposte a Carlo Petrini sugli OGM
Il ghiaccio trasparente
Via libera al mais OGM dal Consiglio di Stato anche senza piani di coesistenza
Arance anticancro e diete vegetariane
OGM: più che lo Slow poté il Fast Food
Che cos’è naturale. 1 – Atomi smemorati
Lo stinco alla Rumford
Il Conte Rumford e la cottura a basse temperature
Un pranzo di Natale per sei persone con due capponi e 12 lire
Come l’acqua con il cioccolato
Un vaccino testato
Tutti i gradi del peperoncino
Un OGM buono, pulito e giusto
Burri speciali
Cosa (non) mangiavano gli italiani una volta
Un menù di 75 anni fa: Ottobre 1934
Gli esperimenti dei lettori (2)
Genetica del vino
Un (vino) Primitivo in California
Formaggi d’alpeggio
Norman Borlaug, l’uomo che ha nutrito il mondo
Bollire l’acqua
Appunti di viaggio – al supermercato (3) ortaggi
Appunti di viaggio – al supermercato (2)
Appunti di viaggio – al supermercato (1)
Le ricette scientifiche: il gelo di mellone
Appunti di viaggio: agricoltura, bio e non
Appunti di viaggio: hamburger
Appunti di viaggio: la pizza
Quattro chiacchiere su alimentazione e chimica
Un esperimento con liquidi ed emulsioni
Gelato OGM. Ma quando mai! Anche il formaggio allora…
Anche tu molecolare
Aria di Texturas
Miti culinari 6: lo zucchero veleno bianco
Che cos’è Naturale. Introduzione
Le ricette scientifiche: la pita all’acqua gassata
Un Chimico
Calorie vuote?
Bicarbonato, lievito chimico o baking soda?
Parliamo male di additivi
Ancora sugli additivi
Il finto scoop di Striscia la Notizia
Saluti (gastronomici) dalla città eterna, con tanto di (a)matriciana
Miti culinari 5: le virtù dello zucchero di canna
Sulle proprietà endocroniche della Tiotimolina risublimata
Il bollito non bollito di Massimo Bottura
OGM: le ragioni di chi dice no
Il poeta e lo scienziato
Gastronomia darwiniana. Se è speziato, un motivo c’è
Le difficolta’ del pane biologico
Il vino di Luca Pacioli
Le ricette scientifiche: il pollo Teriyaki
OGM: il ritorno di Schmeiser
Le ricette scientifiche: il maiale alla birra
Il glutine: chi lo cerca e chi lo fugge
La forza della farina
Cercasi conferma disperatamente
Miti culinari 4: il cucchiaino nella bottiglia
Le ricette scientifiche: lo spezzatino base
Il vino pastorizzato
Proteine giocattolo
Il buon latte crudo di una volta
Gli Ogm NON sono sterili, passando da Vandana Shiva (e Veltroni) a Nanni Moretti
Tenera e’ la carne
BioWashBall, birra e l’esperimento di controllo
Declinazione di chinotto
Pentole e Provette, la chimica ai fornelli
Che cos’e’ lo zucchero invertito
Il Ministro Gelmini e Nature (contro i concorsi)
Il Fruttosio, lo “zucchero della frutta”
1934: sigillatura della carne e riviste d’annata
Ricette letterarie: il risotto di C. E. Gadda
Saluti da Erice
Le ricette scientifiche: il guacamole
Ig Nobel italiano per il suono delle patatine
Radiazioni nucleari nell’orto
Sto crescendo un Avocado
Monsanto contro Schmeiser, l’agricoltore “contaminato” dagli OGM
Le ricette scientifiche: la granita (algebrica)
Il diagramma di fase della granita
Il buco nero al CERN e la noce moscata
Sapori d’alta quota
Omaggio floreale a Darwin
Frutta all’etilene
L’avocado, un frutto strano
Gli esperimenti dei lettori
C’e’ panna e panna
Accostamenti sorprendenti
Chimica (e ricette) in versi
Le ricette scientifiche: il cioccolato Chantilly
Le ricette scientifiche: la panna montata
Panna esilarante
Contro la “spesa a chilometri zero
Requiem per una formula. Dramma in sei atti con sei personaggi
Cioccolato III: la scienza
Vino al veleno e velenitaly, reprise
Cioccolato II: la produzione
Cioccolato I: le origini
Vino al veleno?
L’allarme DHMO
Il killer invisibile
L’equazione degli spaghetti
Un economista al (super)mercato
Chiarificare l’impossibile con i filtri molecolari
In vino veritas?
L’evoluzione delle medicine
la gelatina
Non si butta via niente 2
Le ricette scientifiche: la carbonara
Miti culinari 3: la sindrome da ristorante cinese
Pomodori Umami al glutammato
Il mio nuovo aiutante
Le ricette scientifiche: le meringhe
Miti culinari 2: il sale per montare gli albumi
La dolce neve della cucina
La birra quantistica
Quando Nature si occupa dell’Italia
Il Burro chiarificato
La Pizza di Platone
Affioramento o Centrifuga?
Il Burro
Il Frutto del Miracolo
Non si butta via niente
Mais, Micotossine e le “Precauzioni”
La Papaya OGM
Il Termometro Cinese
Al sangue, media o ben cotta?
Superboy e la camera a nebbia
Un uso alternativo per la Ketchup
Miti culinari 1: la sigillatura della carne
Il segreto di una buona bistecca (ma non solo) si chiama Maillard
L’OGM che non é mai esistito
Ancora zucchero in lattina
Ma che freddo fa
Dolce e aspro
Sale dolce
Pesto cancerogeno?
Sei diventato Nero, Nero, Nero…
Ti faccio Pesto
Il segreto dei Popcorn
Evoluzione in Soffitta
Lo Scacciavampiri
L’uovo a 65 gradi
Eccomi qua